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Cos’è il digital detox e perché é importante per crescere

Il digital detox è un fenomeno in costante aumento, non solo tra gli utenti in generale ma anche tra i professionisti. Ma cos’è, nel dettaglio? Digital detox è un’espressione che fa riferimento a un periodo di tempo in cui una persona decide di stare lontana dai social media e in generale dal web, con l’obiettivo di rivedere il proprio rapporto con il digitale e soprattutto ricercare nuovi spunti creativi.

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E sta proprio in questa parola il vero significato di digital detox: rivedere. Sì, perché non vuol dire assolutamente allontanarsi definitivamente dai social, ma prenderne le distanze per un determinato periodo di tempo e cambiare il proprio approccio a riguardo.

Le informazioni e i contenuti che ci vengono proposti ogni giorno, seppur in parte utili e costruttivi sia a livello puramente di entertainment che informativo, possono a lungo andare creare dei danni alla nostra concentrazione, abbassando le nostre capacità creative. E tutto ciò non significa che i social siano dannosi a prescindere, ma che come tutte le cose della nostra vita vanno utilizzati attraverso una consapevolezza ben precisa. 

Ecco perché sempre più un grande numero di persone decide di ricorrere al digital detox per staccarsi momentaneamente dall’ecosistema social, e questo per vari motivi legati appunto alla componente professionale e creativa. Pensare che una sovraesposizione social possa creare infatti, dal punto di vista prettamente produttivo, una perdita di quell’originalità e unicità che i nostri contenuti necessitano per colpire le persone, può essere il punto di partenza per una nuova consapevolezza.

Il digital detox: non una condanna ai social, bensì un’opportunità

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Il digital detox, come abbiamo già anticipato sopra, rappresenta una specie di pausa di riflessione dai dispositivi e mezzi digitali con obiettivi costruttivi in merito all’uso dei mezzi digitali stessi. Non è quindi una condanna al mezzo, bensì un modo per sfruttarlo meglio e differenziarsi dai competitor. Sembrerà complesso, ma l’allontanamento consapevole dai social aiuta banalmente a essere non tanto più presenti sul web, ma meglio presenti. Una differenza che si può ridurre al caro e vecchio modo di dire “Meglio la qualità che la quantità”.

Ma da dove nasce l’esigenza di staccarsi dai social per due, tre o quattro giorni? Partiamo da un dato particolarmente significativo: secondo uno studio di Dscout, research tool statunitense, le persone controllano lo schermo del proprio smartphone in media 2600 volte al giorno, mentre quelli più “diligenti” ancora di più, sbloccando lo sfondo almeno 5400 volte.

Numeri importanti che lasciano dedurre che, ciò di cui stiamo parlando, non si limita all’utilizzo medio dei social e degli smartphone, ma ad una vera e propria sovra-esposizione generale che porta a perdere di vista le proprie risorse, soprattutto quelle frutto di una ricerca più ampia e profonda, tra le quali ci sono sicuramente quelle che hanno il pregio di non essere influenzate da eventuali trend-wave grafiche e forze esterne. Elementi fondamentali per conoscere le novità del mondo professionale che ci circonda, ma meno funzionali se parliamo della nostra vena creativa.

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Una possibile causa di questi fenomeni viene ben raccontata nell’articolo del magazine Recode (“We’re consuming too much media. It’s time to detox our brains”), in cui si spiega come il cervello umano abbia infatti una familiarità, o meglio una predisposizione, a concentrarsi sui cosiddetti stimoli in rapido cambiamento, il sovraccarico di contenuti che ci arriva e se ne va senza un metro preciso di valutazione.

Per gli studiosi questo rappresenta un vero e proprio retaggio dell’evoluzione, mettendo in gioco il classico meccanismo di stimolo-risposta. Nel momento in cui un essere umano è in una fase di sopravvivenza, cerca di trovare delle risposte in stimoli che cambiano quanto prima.

E questo non dovrebbe essere, a maggior ragione, l’obiettivo vero della comunicazione digitale: la mission più giusta e opportuna, infatti, è quella della condivisione costruttiva, dell’offerta di contenuti valorizzanti e utili a chi ci ascolta, delle storie che nella loro originalità e unicità riescono a fare parte di tutti, mettendo l’empatia e la connessione con gli altri al centro. Un modus operandi che predilige l’esclusività alla presenza compulsiva, per mantenere alto l’interesse e la bellezza di scoprirci ogni giorno come se fosse il primo.

Il digital detox per migliorare la qualità dei propri contenuti

Fare digital detox non significa quindi, come abbiamo anticipato in precedenza, boicottare i social. Sarebbe un messaggio sbagliato e altamente retorico, che non farebbe altro che aumentare le divisioni, la disinformazione sul tema della tecnologia e il valore che i social media ci possono dare nel lavoro e nelle relazioni.

Il digital detox rappresenta invece una nuova opportunità per distogliere la propria attenzione dalla sovraesposizione quotidiana di contenuti e elaborare nuove idee con più libertà, originalità e senso dell’unicità.

Ciò che pochi sanno, a maggior ragione se non lavorano nel mondo del web, è che l’influenza esterna – soprattutto a livello di content creation – può essere molto positiva nel caso si voglia prendere spunto da un contenuto che ha avuto particolare successo o presa nel pubblico. Modificarlo, adattarlo e veicolarlo in base alla propria identità – e quindi non copiarlo – aiuta anche i brand minori a cavalcare wave che possono avere l’utilità di farli crescere a livello di web awareness.

Allo stesso tempo, però, questo processo può incoraggiare l’effetto contrario e diminuire il nostro potere creativo e la nostra forza nel concepire nuove idee.

Ecco perché, proprio il digital detox, può essere fondamentale per ritrovare concentrazione e dar spazio alla creatività: il tanto discusso information overload negli ambienti digitali si traduce, del resto, anche in una sovrabbondanza di stimoli a cui non corrisponde altrettanta attenzione alle proprie creazioni, quelle che arrivano anche in momenti di ozio o meditazione, riflessione personale o un qualsivoglia attività fisica, quotidiana o sportiva.

Da parte di brand e professionisti, una pausa dal web non può essere quindi altro che un beneficio e, in questo senso, i libri possono essere la soluzione più idonea a rispondere a questo tipo di esigenza: crescere individualmente e professionalmente, senza avere il bisogno di rimanere costantemente connessi ai social e le piattaforme web. Anzi, trovare tempo per sé stessi, coltivare nuove idee e ripresentarsi con uno spirito diverso, consapevole, genuino.

L’approccio ai social sta ormai cambiando nel tempo, rendendo l’esperienza immersiva meno accattivante di quella esclusiva dovuta a una minore esposizione ossessiva, appunto, al mezzo social. La pratica del digital detox potrebbe essere, nonostante apparentemente svantaggiosa per chi lavora con i social, un’opportunità (o meglio uno spunto) per migliorare a livello creativo i propri contenuti sfruttando l’offline, i libri, la cultura in generale. Un modo perciò per distaccarsi dal sovraccarico ormai giornaliero di contenuti che ci offrono influencer, pagine e brand, per coltivare i nostri con un’identità sempre più personale, originale e soprattutto lontana da stimoli esterni, fino a tornare alle vecchie origini migliori di prima.

Ma come stimolare concretamente la creatività staccandosi dai social? Alcuni studi sulle relazioni sociali

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Iniziamo provando a definire la creatività, che è a tutti gli effetti ciò che alimenta le grandi idee, ma allo stesso tempo si pone come alternativa il modo di pensare comune e apre le porte a nuove opportunità. Un modo innanzitutto per percepire la realtà attraverso schemi differenti e stabilire nuove connessioni, concependo soluzioni inaspettate e imprevedibili. Ecco che quindi potremmo identificare la creatività con un vero e proprio processo di creazione di elementi in grado di generare un valore, unicità e di conseguenza vantaggio competitivo per i brand e i professionisti.

In uno studio di Perry-Smith e Mannucci del 2017, per esempio, i termini creatività e innovazione corrono a braccetto, mentre la prima non viene soltanto identificata come “insight” ma anzi, come il risultato di un processo che segue diverse fasi: la generazione, l’elaborazione, la promozione e l’implementazione. 

Ovviamente la creatività può essere, al contempo, identificata come una caratteristica innata delle persone, ma oggi esiste un’altra consapevolezza, quella che ci permette di confermare che non è solo una skill personale e non trasferibile, ma è anche frutto delle nostre relazioni sociali con gli altri individui. Non è più, perciò, solo frutto del cosiddetto genio personale, ma per lo più una sintesi di tutte quelle relazioni e interazioni di cui una persona fa esperienza sul suo cammino.

Tornando al connubio creatività e innovazione, perciò, si può concludere allora che le due cose si caratterizzano come processi sociali che vanno assolutamente a braccetto con il processo creativo, coinvolgendo più fattori: quello umano e appunto, quello relazionale.

Un’altra ricerca del 2019 condotta da Korzynski, Paniagua e Rodriguez-Montemayor, per esempio, ha analizzato la relazione che esiste tra skill individuali, utilizzo dei social e creatività nei luoghi di lavoro. I risultati raggiunti hanno permesso la comprensione di alcune variabili e suggeriscono spunti di riflessione importanti che prendono a loro volta in considerazione elementi fondamentali per stimolare la propria creatività.

Ma cosa hanno evidenziato i risultati dello studio, concretamente? Innanzitutto che per i professionisti, almeno nei luoghi di lavoro e nelle situazioni di condivisione sociale, non è sufficiente il solo utilizzo dei social per il miglioramento della creatività individuale, ma entrano in gioco altri fattori come appunto la capacità relazionale e soprattutto tutte quelle piccole esperienze e influenze collettive e di team che ci portiamo dietro durante la nostra vita, che sia questa professionale, famigliare o sociale.

La vena creativa, infatti, risulta essere influenzata maggiormente da alcuni fattori individuali come, banalmente: le competenze e le abilità cognitive personali, ma anche la cosiddetta motivazione intrinseca, tutti elementi che portano concretamente alla nascita di nuove idee.

Curiosità: La motivazione intrinseca è considerato un atteggiamento individuale guidato da ricompense interne piuttosto che esterne. Si tratta della motivazione ad impegnarsi in un certo compito o attività che nasce dall’interno dell’individuo, trattandosi di una cosa soddisfacente a prescindere. In altre parole: la motivazione intrinseca nasce dall’interno di una persona e la stimola a svolgere un’attività per favorire la propria soddisfazione. Differisce, in questo senso, dalla motivazione estrinseca che rappresenta un’attività nata solamente da una forza esterna e non diretta ad una cosiddetta realizzazione personale.

Ecco, quindi, che tutto ciò che porta le persone a relazionarsi con gli altri e trovare stimoli interni che possano muovere la propria voglia di creare, anche al di fuori del mondo social, rappresenta un elemento molto importante per contribuire alla creatività dell’individuo, soprattutto all’interno dei luoghi di lavoro e quindi, di conseguenza, anche all’interno di dinamiche di comunicazione digitale del proprio brand.

L’utilizzo dei social è importante per prendere spunti e rimanere informati, sul pezzo e fidelizzanti nei confronti del proprio pubblico, ma allo stesso tempo dev’essere necessariamente accompagnato dalla giusta considerazione di una vita offline che possa, grazie alle nostre esperienze umane e relazionali, unire con astuzia e costruttività la nostra vita nei social e quella fuori.