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Sostenibilità digitale: quando il nuovo paradigma coinvolge tutti, cittadini e istituzioni

Matteo Shots.it

Matteo Mario

Sostenibilità digitale: di cosa parliamo quando entriamo nel merito del connubio tra digital e sostenibilità? Si tratta di un processo possibile, almeno nel breve termine?

La definizione: “Sostenibilità digitale significa quel tipo di sostenibilità che definisce le modalità con cui si dovrà sviluppare la tecnologia digitale affinché contribuisca alla creazione di un mondo migliore, sia rispetto alla sua natura, sia rispetto al suo ruolo strumentale verso ambiente, economia e società”.

Innovation Post

Dopo l’uscita dei nuovi rapporti dell’IPCC riguardo all’allarmante situazione climatica in cui versa il nostro pianeta, molte persone hanno iniziato ad interrogarsi sulla fattibilità di un paradigma che possa unire in maniera efficace il nostro approccio con la sostenibilità ambientale. 

Una mission che deve andare inevitabilmente a braccetto con la sostenibilità digitale, che a sua volta racchiude numerosi punti in comune con quella ambientale: in primo luogo questo concetto esiste con l’obiettivo di costruire una società migliore, limando le disuguaglianze, promuovendo la ridistribuzione di risorse e strumenti per tutti.

“Le due sostenibilità”, quindi, sono due temi che vanno analizzati parallelamente per capire soprattutto se tutto il macro-settore del digitale possa contribuire al miglioramento della nostra società e al contempo del nostro rapporto con l’ambiente.

Se da una parte i cambiamenti sono lenti e tardivi, dalla parte della digital transformation sono molto più repentini e hanno registrato una grande ascesa negli ultimi tre anni. Tuttavia, se le campagne e decisioni legate alla tutela ambientale possono – in un modo o nell’altro – coinvolgere tutti, quelle digitali riescono ad essere meno inclusive se parliamo del nostro Paese.

Sul tema, per esempio, i consumatori appaiono confusi: i dati ufficiali ci dicono che per l’80% delle persone, il digitale nel commercio e nel turismo può ostacolare le imprese e le loro attività. Una considerazione poco condivisibile, visto che questa transizione rappresenta una via di rinascita per tutte quelle realtà che sapranno adeguarsi e adattare i propri prodotti e servizi al digitale sostenibile, stando al passo e cavalcando le opportunità che il settore propone anno per anno.

Le statistiche che vi stiamo presentando sono emerse dal recente studio Italiani e Sostenibilità Digitale: cosa ne sanno, cosa ne pensano”, realizzato dal Digital Transformation Institute – Fondazione di Ricerca per la Sostenibilità Digitale. Secondo questo studio, inoltre, il 65% degli italiani ritiene che la tecnologia e tutto il mondo del digital siano potenziali fonti di ineguaglianze, ingiustizia sociale e disoccupazione. Un dato curioso, se si pensa che la digitalizzazione ha dato lavoro a molte persone che hanno deciso di implementare tutte quelle soft skills con l’obiettivo di approcciarsi con successo al digital.

Sicuramente, però, rappresenta comunque un’opinione comprensibile soprattutto da parte di chi è sempre stato abituato a fare lavori manuali e si ritrova ad essere “sostituito” da un software.

In questo contesto di incertezze e sicurezze, la ricerca realizzata da Ipsos pone principalmente l’attenzione sulle relazioni tra tecnologia e sostenibilità nella percezione degli italiani per quanto riguarda temi come l’eCommerce e il turismo digitale (avevamo parlato per esempio del rapporto tra turismo e digital in questo articolo). Un rapporto che trova sempre ottimi spunti e riesce a prendere in considerazione diversi settori dell’economia digitale, ma soprattutto dell’economia circolare.

Come si può leggere anche nel report, però, pensare di porre le basi per una cultura digitale affermata soprattutto in ambito di sostenibilità e circolarità, è difficile se il tutto viene definito all’interno di un Paese in cui c’è tuttora una scarsa consapevolezza sul tema. Bassa competenza e diffidenza verso il digitale tra la popolazione italiana, infatti, costituiscono ostacoli che appaiono più vere e proprie sfide che semplici step da superare, ma soprattutto rendono ancora più difficile il raggiungimento di quella sostenibilità digitale di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo.

Ecco perché il digitale dovrebbe muoversi in una direzione precisa, quella della condivisione di valore. Una strategia che rappresenta quasi un mantra nella digital communication, certo, ma che a maggior ragione dev’essere il porto sicuro per chi decide di affidarsi al digitale per contribuire al processo di integrazione della popolazione.

In senso più profondo, dev’essere lo strumento adatto per porre le basi di un futuro completamente basato sull’esperienza digitale. Perché se si propone un’esperienza interamente digitale nella propria attività o impresa, nasce la possibilità di guidare gli stessi utenti fedeli a inserire nella loro routine questo step. Uno step che crea valore, opportunità e cambiamento, diventando abitudinale e parte integrante delle vite quotidiane.

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Ora però è importante porsi un interrogativo fondamentale: la sostenibilità ha bisogno a tutti gli effetti della transizione digitale? 10 anni sono la deadline che le Nazioni Unite hanno fissato per il perseguimento degli obiettivi di Agenda 2030. Un lasso di tempo in cui il ruolo della tecnologia digitale sarà importantissimo e dovrà portare, attraverso appunto gli strumenti e le metodologie giuste, ad un sistema basato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Curiosità: “L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030″. 

Sito ufficiale delle Nazioni Unite, Agenda 2030

Per provvedere a tutto questo, i Governi, le Istituzioni, le aziende e i singoli cittadini – che sono i veri e propri utilizzatori di questa transizione “digital-sostenibile”, dovranno comprendere a fondo il ruolo del digitale e contribuire alla creazione di una consapevolezza in merito all’insieme dei valori che questo processo può portare. Allo stesso tempo, questo insieme di modelli positivi dev’essere sfruttato al meglio, mettendo in pratica decisioni a volte impopolari ma molto importanti per perseguire gli obiettivi prestabiliti.

Oggi come oggi, quale potrebbe essere il modo migliore per permettere al digitale di essere sostenibile e futuribile per le prossime generazioni? Quale può essere il rapporto quantitativo tra posti di lavoro e investimenti in intelligenza artificiale? La più importante questione su cui, probabilmente, il mondo del digitale deve dibattere è questa: la tecnologia deve diventare inevitabilmente strumento di sostenibilità. E lo è già, senza dubbio, ma con una distribuzione geografica – a livello di cultura Basic – molto frammentaria e più consistente nelle grandi città.

La tecnologia è ormai parte integrante delle nostre vite e crea, inevitabilmente, disuguaglianze tra chi ha più strumenti e conoscenze e chi no. Per questo appare abbastanza chiaro, quindi, che la sostenibilità digitale sia ormai al pari con quella sociale ed economica, costituendo un ponte fondamentale con il progresso dei servizi, dei prodotti e dei beni di consumo quotidiano, che sono appunto a loro volta parte integrante del nostro sistema economico e sociale.

Basti pensare alla situazione legata alla pandemia, con il Paese che ha dovuto affrontare una digitalizzazione veloce e quasi obbligata, per far fronte alla gestione delle distanze. Dopo questo periodo, molti servizi che prima erano accessibili attraverso canali diretti o fisici sono stati digitalizzati, contribuendo a creare un divario tra nativi digitali e persone con meno strumenti e conoscenze a disposizione.

Divario che si è visto non solo nel mondo dei servizi dello Stato, ma anche nelle più “banali” situazioni di vita, in cui il lavoro e i consumi quotidiani sono stati completamente influenzati dal digitale. Gli effetti di tutto questo sono stati differenti in base all’area geografica di riferimento, soprattutto se si pensa al sistema scolastico e alla didattica a distanza.

“Nei prossimi anni saremo chiamati a fare delle scelte, rispetto alla tecnologia, che determineranno sia il modo nel quale essa potrà essere utile a un modello di sviluppo sostenibile, sia il fatto che possa essere sostenibile in sé: scegliere il ruolo della tecnologia digitale sarà quindi funzionale tanto a farne uno strumento di sostenibilità, quanto a conferire a essa stessa una dimensione sostenibile”.

Stefano Epifani, autore di “Perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale”

Citiamo questo autore, Stefano Epifani, perché in questo libro fa ben riferimento alle mission che il digitale è chiamato ad affrontare nei prossimi mesi, alle quali noi vorremmo includere però tutte quelle riflessioni legate alla privacy e ai big data, alla convivenza sana con l’ambiente, al rapporto workers-intelligenza artificiale, oltre che ovviamente il mondo delle criptovalute, blockchain e token.

Quali sono gli elementi concreti che porterebbero ad un giusto equilibrio tra digitale e processo sostenibile? Sicuramente, un fattore fondamentale dovrebbe essere quello di essere trasversali, cercando di avere un approccio digitally indipendentemente dal proprio settore di attività, imparandone le dinamiche, muovendosi multi-piattaforma, ragionando sulle potenzialità. Tutto ciò, in primis, con l’obiettivo di poterne comprendere l’impatto della propria realtà sul mercato e sulle persone, massimizzare le vendite ma soprattutto sfruttare l’onda positiva della digitalizzazione interpretando trend e cambiamenti.

Un altro elemento importante è sapere in che direzione andare. Una cosa non semplice, se si pensa che il settore digitale ha anche velocizzato i processi di cambiamento, aggiornandosi e aggiornando i suoi utenti annualmente.

Ancora più importante è pensare, però, al fatto che il digital e i valori della sostenibilità digitale facciano parte a loro volta di una progettualità, una visione che mette in pratica un’idea da plasmare nel tempo. Un processo che porterebbe i propri utenti a sentirsi parte attiva di un cambiamento, ponendo il primo tassello per una presa di coscienza della digitalizzazione più ampia e democratica.

In conclusione: la sostenibilità ambientale corre assieme a quella digitale, perché entrambe racchiudono diversi punti in comune che coinvolgono tutti, chi più chi meno, chi più velocemente o meno.

Il cambiamento auspicato avviene solo attraverso l’educazione alla consapevolezza, la formazione, la creazione di soft skills che possano convivere con le nostre abitudini, la possibilità di creare una community fatta di persone aggiornate e con una comprensione del settore costruita nel tempo.

Tutto ciò non è affatto semplice, ma ora come ora pare l’unico modo per unire profittevolmente quell’approccio sostenibile anche al settore digitale, permettendogli di essere centrale nei dibattiti decisionali e contribuendo a far nascere una nuova consapevolezza. Una presa di coscienza su quanto il digitale possa essere il primo strumento per pensare a una società diversa, più smart e accessibile, uno strumento fondamentale per guidarci verso un futuro davvero sostenibile, sotto tutti i punti di vista.