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Digitale e sostenibilità: i nostri dispositivi convivono bene con l’ambiente?

Digitale e sostenibilità è sempre stato un connubio delicato se si parla di rispetto dell’ambiente ma soprattutto materiali dei singoli dispositivi. Un tema dibattuto, molto di più negli ultimi anni rispetto al passato, che è diventato gradualmente uno dei maggiori trend per quanto riguarda la consapevolezza green.

Ma i nostri dispositivi, che siano gli smarphone, le AirPods o quant’altro, convivono bene con l’ambiente? Digitale e sostenibilità possono convivere bene assieme, pur assicurando il mantenimento di uno standard di rispetto per l’ambiente anche nel caso dei dispositivi tecnologici fondamentali per la fruizione di determinati digital services?

Sicuramente, in questo senso, sarebbe più corretto parlare di tecnologia e sostenibilità, più che digitale, visto che nel concreto sono gli oggetti tecnologici a dover “dimostrare” la loro innocuità di fronte ai problemi ambientali che il nostro pianeta sta vivendo ormai da tempo.

Un esempio lampante, e forse anche un po’ troppo datato e raccontato, è quello delle cuffie AirPods: diversi studi hanno infatti dimostrato che un paio di AirPods è decisamente nocivo per l’ambiente e soprattutto tende a bio-degradarsi in tempi record che possono raggiungere anche i centinaia di anni.

Non solo le cuffie Apple sono al centro della scena, ma c’è anche tutto il discorso relativo a quei materiali di supporto dei dispositivi che avranno una fine dubbia (se possiamo definirla così) visto che capita spesso di vedere vecchi telefoni, iPad o altri dispositivi simili essere abbandonati come rifiuti ordinari. Ma siamo davvero sicuri che lo siano?

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Digitale e sostenibilità: un problema etico, più che pratico

La questione tra digitale e sostenibilità è più un problema etico che pratico, sicuramente, ma chiama in causa diverse correnti di pensiero ma soprattutto studi che possono portare a delle conclusioni importanti.

Partiamo da un aneddoto storico, che racconta lo studio del design dei dispositivi Apple. Nel 1982, il leggendario designer Hartmut Esslinger iniziò a lavorare con Apple, dopo aver già prestato il suo lavoro a Sony fino alla fine degli anni ’70. Steve Jobs voleva che i suoi computer avessero un simile richiamo di massa.

Ciò che nacque fu un concetto che si è tramandato nel tempo e ha fatto da pioniere all’idea di oggi: i computer tecnologici dovevano diventare veri e propri dispositivi accessibili. Tutto iniziò quindi dal celebre linguaggio di design Biancaneve, che avvolgeva il Macintosh originale in una custodia di plastica color nebbia, con strisce lucide che fungevano anche da ventilazione. Lo slogan? “Presentazione del Macintosh, per il resto di noi.”

Tuttavia, quasi 40 anni dopo, la sfida più grande nella costruzione di componenti elettronici non è la loro forma e finitura, ma la loro sostenibilità. 

È per questo che Apple da allora è passata a custodie in alluminio fresato riciclabile per i suoi computer. E perché i designer Hank Beyer e Alex Sizemore hanno presentato una serie di Mac radicalmente ridisegnati, racchiusi in materiali locali più facilmente reperibili come carbone, ghiaccio e miele. Il nome del progetto riproduce il vecchio slogan di Apple: For the Rest of Us.

Un progetto che racchiude tutta la potenza del design non convenzionale, ma soprattutto una risposta nuova al dibattito che vive tra digitale e sostenibilità: è possibile creare qualcosa che possa cambiare la nostra vita tecnologica, pur non danneggiando il pianeta?

I due designer hanno voluto giustificare così la loro idea:

“Non vogliamo che le persone vedano il nostro progetto e provino risentimento verso la globalizzazione, sentano che vogliamo sostituire l’industria o che considerino nuovi materiali solo per meriti commerciali. Vogliamo che le persone mettano in dubbio le implicazioni della globalizzazione e considerino come i materiali non convenzionali possono cambiare le relazioni tra i prodotti”.

Fotografati con sfondi e inquadrature simili a quelli delle pubblicità originali di Macintosh, i loro computer – che sono sculture tecnicamente non funzionali – ribaltano l’estetica dei prodotti Apple per sfidare qualsiasi convenzione persistente nel design industriale.

Ma qual è il concetto grafico di fondo, il messaggio universale a livello di scelta dei materiali? Un computer per esempio è uno schermo racchiuso in un cumulo di terra, con varie foglie che crescono dalla cima. Un altro sembra un Macintosh originale, anche se racchiuso in un blocco di carbone accuratamente scolpito.

Alcuni progetti, invece, sembra si vogliano avventurare verso l’applicazione pratica: il computer e il mouse in pietra calcarea, per esempio, sono il risultato di un’elaborazione nuova del linguaggio di design di Biancaneve. Come se fosse reso in materiale naturale, differente dalle sue originarie fisionomie. Ma il computer ricoperto di ghiaccio si scioglierebbe, chiaramente, andrebbe in cortocircuito: un paradosso quasi filosofico che unisce creatività, design e visione del futuro. E il computer del miele, infine, è racchiuso in un nido d’ape e gocciolante miele ovunque. Anche qui, forse, l’arte supera la visione.

L’intero progetto, la maggior parte del quale è stato completato quando Beyer e Sizemore erano studenti di design alcuni anni fa, è pensato per sembrare vintage. 

“Questo riferimento storico si manifesta in tutto il nostro progetto nella nostra fotografia, nei nostri modelli e in alcune delle nostre scelte grafiche. Lo abbiamo fatto per differenziare i modelli dal presente, permettendoti di guardare indietro e immaginare una realtà alternativa”.

Le aziende corrono verso la sostenibilità tecnologica

Oggi le aziende sembrano andare sempre più verso il trend ambientale e stanno attivamente dando la priorità a materiali più sostenibili e legati all’economia circolare. Ad esempio, al Google Design Lab, l‘azienda ha fornito una ricca libreria di materiali piena di opzioni non convenzionali per i propri telefoni e prodotti Nest. Qui, i designer possono avere a che fare con, per esempio, campioni di pelle di funghi e plastica a base di proteine ​​del latte. 

Nel frattempo, anche Nike e Adidas hanno entrambi attivato programmi per macinare vecchie scarpe con l’obiettivo di produrne di nuove, proprio come Apple che sta smontando i vecchi iPhone per studiare una nuova immissione di materiali eco-sostenibili. Queste tendenze cresceranno, ed è solo l’inizio.