archivio

- leggi in 4 min

immagine smart working

Smart working in Italia: dati aggiornati e stato dell’arte

Lo smart working è ancora più diffuso in Italia e non c’è niente di cui stupirsi, perché l’ondata pandemica ha velocizzato un processo che già stava diventando inevitabile.

Adesso come adesso, grandissima parte delle agenzie, compagnie digitali e aziende di settore stanno ricorrendo allo smart working e i benefici sembrano molto più alti dei rischi, soprattutto per quanto riguarda il rapporto collaboratore-azienda.

Ma qual è lo stato dell’arte in Italia? Abbiamo pensato di riassumere brevemente dati, aggiornamenti e novità riguardo alla situazione dello smart working in Italia, collocandolo in un piano temporale con lo scopo di comprendere come si potrà evolvere tutto il macro-fenomeno per quanto riguarda il digitale.

Leggi anche: La Commissione Europea rinnoverà il digitale, ma in che modo?

Partiamo da un dato molto importante: secondo l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, dal 2013 al 2019 la quota di lavoratori in smart working è quasi quadruplicata, passando da 150mila persone a 570mila.

Un numero significativo, se si pensa che nel nostro paese questo fenomeno è ancora agli albori era cultura del lavoro digitale sta diventando sempre più influente solo negli ultimi anni (e molto lentamente, oseremmo dire).

Le cose sono state stravolte ulteriormente dal lockdown, come abbiamo anticipato nel primo paragrafo, velocizzando un processo già in atto: secondo un’altra ricerca, appena pubblicata da Microsoft, in seguito all’emergenza sanitaria la quota di imprese italiane che ha adottato il lavoro flessibile è passata dal 15 per cento del 2019 al 77 per cento.

Sempre secondo Microsoft, l’87 per cento degli italiani ha riscontrato una produttività pari o superiore rispetto a quando lavorava in ufficio in questi mesi di “pandemia”.

Dati simili arrivano da una ricerca dell’ISTAT uscita a giugno: il 90% delle grandi imprese italiane (cioè con più di 250 dipendenti) e il 73% delle imprese di dimensione media (50-249 dipendenti/collaboratori) hanno introdotto o esteso lo smart working durante l’emergenza, contro il 37% delle piccole (10-49 dipendenti/collaboratori) e il 18% delle microimprese (3-9 collaboratori). Per dare un’idea del nuovo scenario, a gennaio e febbraio dello scorso anno il personale a distanza era l’1,2% del totale, mentre a marzo e aprile è diventato l’8,8%.

Altri studi hanno raccontato che in poco più di due mesi si è registrato, inoltre, un passaggio dal 3% al 34% di lavoratori in modalità remote working in Italia. Questo ed altro ancora è stato mostrato nel Rapporto Coop 2020 dall’Osservatorio “The World after Lockdown” curato da Nomisma e Crif, che ormai da oltre sette mesi analizza in maniera continuativa l’impatto della pandemia COVID-19 sulle vite dei cittadini, grazie al coinvolgimento di un campione di 1.000 italiani di età compresa tra i 18 e i 65 anni.

La quota di chi oggi lavora in smart working cresce tra i Millennials (passando da 24% a 27%), al Nord (27% contro il 18% del Centro e il 22% del Sud) e tra le lavoratrici (27% contro il 22% degli uomini).

Allo stesso tempo, la questione della digitalizzazione, soprattutto nelle amministrazioni pubbliche e nei piccoli comuni, rappresenta un tema cruciale per le aziende e le istituzioni in termini di prospettive sul futuro. Che questo sia il momento giusto per ragionare uno scenario diverso del nostro mondo del lavoro, più agile, innovativo e finalmente digitale? 

I vantaggi dello smart working secondo gli italiani

Ma quali sono i vantaggi dello smart working secondo gli italiani? Dalle recenti statistiche, si è evinto che sicuramente il tema ricorrente è la possibilità di lavorare da casa, modalità molto apprezzata dalla popolazione. Lo smart working ha permesso innanzitutto di migliorare il work-life balance, con più tempo libero da impegnare nelle attività domestiche, nella tutela del benessere personale e familiare.

Per il 17% il risparmio economico e di tempo generato dal mancato spostamento sono stati altri importanti vantaggi dello smart working, per un altro 13% i pro risiedono semplicemente nell’avere più tempo libero a disposizione per i propri hobby o per la famiglia. Altri elementi particolarmente apprezzati ricadono nella sfera “manageriale”: maggiore autonomia (14%) e flessibilità (12%) nella gestione dei carichi di lavoro.

E gli svantaggi, invece?

Oltre ai vantaggi, però, le statistiche raccontano anche di percentuali legate agli svantaggi di questo nuovo approccio al lavoro: per alcuni ha comportato un incremento delle ore lavorate (28%) e difficoltà nel separare lavoro e vita personale (il 21% non riesce a staccare la mente dal lavoro, il 25% ha avuto problemi di comunicazione con i colleghi). Tutto ciò comporta spesso anche un senso di solitudine e di isolamento (nel 22% degli smart workers).

Per molti il problema è stato opposto: in una casa priva di una stanza dedicata al lavoro (nel 20% dei casi), affollata da altri familiari o da condividere con i figli piccoli (il 31% ha condiviso gli spazi di lavoro con figli under 12), i problemi di concentrazione sono stati l’ostacolo principale. Questo è vero per il 23% dei degli smart workers e il 31% delle lavoratrici.

ragazza che fa smart working