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foto di cinque ragazz* che esultano

Il digitale nell’industria culturale, lo stato dell’arte

L’industria culturale sta subendo numerosi cambiamenti negli ultimi mesi, sia per quanto riguarda il tipo di contenuto fruito che per l’approccio degli utenti. Tutto ciò è inevitabilmente influenzato dal digitale, che sta diventando il vero motore di ogni servizio culturale del presente e del futuro.

Un discorso che, però, non coinvolge tutti i prodotti culturali e pone l’attenzione su determinati micro-settori che in questo momento spostano l’ago della bilancia. Secondo i dati più recenti, infatti, nell’economia culturale italiana sono presenti grandi sfumature legate ai consumi e alle abitudini delle persone.

Sicuramente, i grandi settori dell’industria culturale non sono altro che i prodotti audiovisivi (streaming, cinema, tv e musica), i musei e l’ editoria (libri e giornali). Settori che hanno registrato incrementi e discese sulla base dell’utilizzo che ne fanno gli utenti, soprattutto sulle piattaforme digitali.

Molti dati attuali sono prevedibili o addirittura inevitabili, ma altri fanno riflettere su come potrebbe evolversi la situazione della cultura nel digitale soprattutto se stiamo parlando delle istituzioni culturali o del complesso settore dell’editoria.

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Un dato assolutamente prevedibile è quello relativo ai prodotti streaming e televisivi: questo, infatti, è il settore che ha registrato l’incremento maggiore negli ultimi mesi. Alte percentuali hanno caratterizzato prima di tutto i programmi on demand e i contenuti in tv, i servizi di streaming su abbonamento, i canali e piattaforme web ad accesso gratuito e i servizi delle tv Pay per View.

Ma non solo: si può dire che una scelta strategica portata avanti di recente da Disney Plus può aver posto le basi per un grande cambiamento nel mondo dei prodotti culturali, sia dal vivo che on demand, almeno a livello di trend globale generale. Dal 3 luglio, infatti, è disponibile nel catalogo della piattaforma streaming Hamilton, il musical di Broadway di maggior successo degli ultimi anni che racconta la vita del patriota statunitense Alexander Hamilton.

Scritto e interpretato da Lin-Manuel Miranda e rappresentato per la prima volta nel 2015, Hamilton è diventato un grande fenomeno culturale negli States ed è stato premiato con 11 Tony Award e un Premio Pulitzer per la drammaturgia. Un’opera di enorme impatto pubblico che registrava incassi da record e che ora è disponibile ed accessibile a tutti on demand.

Disney ha acquisito i diritti per mostrare, nei cinema e in streaming, appunto il film di Hamilton. Inizialmente, il colosso avrebbe voluto farlo girare per i teatri del mondo ancora per altri mesi, per poi mostrarne il film a partire dall’ottobre 2021. Tuttavia, la pandemia, le tante produzioni ferme di Disney e l’impossibilità di rappresentare il musical nei teatri hanno portato il colosso a rendere subito disponibile lo show.

Secondo dati citati da Variety, la situazione curiosa è che durante il primo fine settimana di streaming dello spettacolo di Broadway, l’app Disney+ è stata scaricata da più di 700mila dispositivi nel mondo, il 47 % dei download in più rispetto alla media registrata nei fine settimana di giugno.

Un trend che però si scontra un po’ con quelli che sono i nostri dati nazionali: il settore degli spettacoli dal vivo in formato digitale nel nostro paese ha infatti registrato un calo da inizio 2020, con risultati negativi anche nei sondaggi del pubblico.

Il secondo dato importante, questa volta un po’ meno prevedibile, è la graduale crescita dell’editoria. Tra le attività culturali cresciute nel corso di questi mesi c’è anche la lettura, che ha registrato un incremento totale del 14%. Anche l’utilizzo di ebook e libri in formato digitale è aumentato, complice soprattutto la chiusura delle librerie avvenuta nella prima metà dell’anno.

Per quanto riguarda i quotidiani, invece, il consumo e la lettura sono calati circa dell’1% rispetto a prima, ma con un 33% di consumatori che hanno scelto di dedicarsi alle versioni digitali dei giornali, il che evidenzia quindi una virata costante del settore dai formati tradizionali a quelli esclusivamente digitali e in abbonamento sulle piattaforme.

Tempo fa vi avevamo parlato, in questo articolo, delle iniziative digitali condotte da varie istituzioni culturali (tra cui importanti musei e gallerie) durante l’emergenza sanitaria. I dati recenti mostrano, però, che questi progetti non hanno riscontrato il successo che si pensava: le visite virtuali ai musei, infatti, secondo i sondaggi sono state effettuate solo dal 4% degli intervistati.

Le iniziative virtuali dei musei erano state condotte da realtà nazionali importanti come La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo Egizio di Torino, il Peggy Guggenheim di Venezia, il Teatro alla Scala e le Scuderie del Quirinale a Roma.

Nel grande mondo dell’industria culturale è però presente anche il prodotto audio, che di recente sta registrando un grande successo per quanto riguarda soprattutto l’aspetto della brand experience.

Streaming, podcast, assistenti vocali e audiolibri attirano tanti consumatori e la loro fruizione sta contribuendo a creare un nuovo approccio chiamato “audio experience”: una strategia di comunicazione che ha il pregio di portare non solo, appunto, l’esperienza del suono di qualità, ma anche un vero e proprio modo di approcciarsi all’industria culturale. 

Una situazione che ha creato molti vantaggi per i brand, per esempio, che attraverso l’audio strategy interagiscono con i consumatori in modo diretto e personalizzato, aggiungendo nuovi e promettenti contenuti alla propria strategia di content marketing destinata ad aumentare la credibilità e la fiducia agli occhi del target.

Questo consumo è stato favorito, sicuramente, dalla crescita dell’intero comparto streaming (come abbiamo anticipato a inizio articolo) che ha portato a un aumento, in particolare, dello streaming su smart speaker del 123% a livello globale. Tra i contenuti più performanti e con maggiore engagement si registrano, sicuramente, le piattaforme di podcasting.

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In Italia, secondo i dati del Digital Audio Survey di Ipsos, gli ascoltatori di podcast sono circa 7 milioni.

Cambiamenti da parte dei consumatori, ma anche nei piani alti: la tendenza in fortissima crescita dei contenuti in streaming sta portando inevitabilmente anche i creatori e produttori di contenuti a investire molto di più, anche in Italia, soprattutto nelle figure creative e manageriali. Di recente, per esempio, Netflix ha scelto come vice presidente delle serie originali italiane Eleonora Andreatta, ex direttrice di Rai Fiction reduce di grandi successi tra cui anche la collaborazione con HBO L’Amica Geniale.

La nomina di Andreatta è la conferma del crescente investimento della società nelle produzioni locali del nostro paese. La dirigente guiderà il team che sviluppa e crea le serie originali italiane per il servizio di intrattenimento globale, e riporterà a Kelly Luegenbiehl, Vice Presidente delle Serie Originali EMEA per Netflix.

“L’Andreatta che va a Netflix è una super-notizia. Lo è sotto tanti punti di vista. Per la Rai, che perde una delle sue figure più importanti. E per Netflix, che finalmente ha un nome forte, solido, apprezzato e rispettato nella nostra industria. Lo è per il pubblico e lo è, poi, per il mercato. […] Netflix, in questi mesi, ha prodotto molte cose italiane. Ha provato a rilanciare i generi, e s’è abbandonata – talvolta letteralmente – alle serie teen. L’arrivo dell’Andreatta che cosa significa? Cambierà target, cambierà impostazione, sceglierà una linea editoriale diversa? (Magari, ecco: la sceglierà e basta)”.

Gianmaria Tammaro, giornalista per La Stampa, Esquire, Wired