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Sostenibilità, quando la svolta arriva dal packaging

La sostenibilità è un tema che sta diventando centrale nel mercato ma soprattutto nel design e nel packaging. Tra scelte alternative dei brand e innovazioni di forma, questo nuovo modo di approcciarsi al futuro della produzione è uno dei trend che sta caratterizzando anche la comunicazione.

Statisticamente, negli Stati Uniti vengono buttate via annualmente circa 70 milioni di tonnellate di confezioni di qualsiasi categoria merceologica, un dato importante se si pensa che moltissime sono composte da plastica e altri materiali difficilmente degradabili e spesso nocivi per l’ambiente.

Man mano che cresce la consapevolezza di questo problema, perciò, molte aziende e designer sono quindi alla ricerca di soluzioni per rendere più ecologico il loro packaging rendendolo più riciclabile o riducendo la quantità. 

Una grande idea, in particolare, è arrivata nelle ultime settimane da parte di un talentuoso designer che, nell’ambito del trend della sostenibilità, ha voluto introdurre il concetto di “The disappearing package”.

L’obiettivo è, appunto, quello di ridurre la perdita nell’ambiente dei vari contenitori cercando nuove soluzioni per una sorta di confezione che “scompare” a tutti gli effetti. Come? Utilizzando metodologie tanto curiose quanto furbe e affascinanti.

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The disappearing package, il packaging invisibile che progetta il futuro senza imballaggi

Il progetto arriva direttamente dal designer Aaron Mickelson, che nella sua tesi finale per il Master in Design Packaging al Pratt Institute di Brooklin ha deciso di proporre varie soluzioni per l’introduzione di questo approccio. Veri e propri prodotti intelligenti che si dissolvono dopo l’uso e che rispondono a una sola necessità: perché non eliminare l’intero imballaggio dissolvendolo attraverso tecniche precise e pianificate?

“Volevo che le persone vedessero prodotti e pacchetti che hanno incontrato innumerevoli volte in un modo completamente diverso” 

Aaron Mickelson

Il programma di Mickelson mostra soluzioni a spreco zero per cinque diversi prodotti, dai sacchetti della spazzatura al sapone per la doccia. La maggior parte delle soluzioni deriva da una specie di razionalizzazione dei pacchetti che spesso includono già molte parti confezionate singolarmente.

Le capsule per il lavaggio di marea (quelle per le lavastoviglie e le lavatrici, per intenderci) ad esempio, sono buste detergenti monouso generalmente vendute in una brocca di plastica o in una busta. La proposta di Mickelson è semplice: disporre i baccelli in un unico foglio perforato, stamparli direttamente con inchiostro solubile in sapone per poi arrotolali in un cilindro stretto per gli scaffali dei negozi di alimentari.

Interessante è anche la proposta del designer per i sacchetti della spazzatura di Glad: l’idea è quella, infatti, di arrotolare i sacchetti in un tubo indipendente, con le informazioni sul prodotto stampate direttamente sul sacchetto esterno. Un modo per permettere alle persone di utilizzare i sacchetti in stile Kleenex, distribuendo un sacchetto alla volta e mantenendo il resto in un’unità ordinata. Ecco che il design non solo può eliminare la necessità di avere una scatola di cartone, ma aggiungere soprattutto il fattore dell’usabilità immediata e a presa rapida.

Ma è l’idea sulle confezioni del brand OXO Pop ad essere ancora più semplice e fattibile: tutto sta nel riuscire ad eliminare l’inserto di carta stampando le informazioni sul marchio e sul prodotto direttamente sulla plastica stessa, in inchiostro dissolvente e idrosolubile.

Quella meno fattibile ma al contempo incredibilmente innovativa, invece, è l’idea legata alla saponetta Nivea, che richiede una scatola fatta di carta idrosolubile che si possa dissolvere nella doccia prima del primo utilizzo.

Tutte queste idee sono sicuramente ambiziose e aperte verso un futuro di sostenibilità e riduzione totale degli sprechi, ma allo stesso tempo forse non riescono a convivere – inevitabilmente – con le necessità delle grandi compagnie di posizionarsi “fisicamente” nei punti vendita e nel settore della grande distribuzione.

Un rapporto che compromette, in un certo senso, la qualità del packaging a scapito della quantità e che forse rappresenta uno dei più grandi ostacoli all’applicazione concreta dell’approccio sostenibile dei packaging industriali di massa.

L’aspetto interessante, allo stesso tempo, dei progetti di Mickelson e di altri analoghi è che non c’è nessuna nuova particolare tecnologia coinvolta ma soprattutto nessun processo produttivo all’avanguardia. Un dettaglio di non poco conto che sta a significare che non ci vorrebbe molto per cambiare le carte in tavola e preparare il futuro del settore in maniera differente. Solo un po’ di sano coraggio unito alla creatività sconfinata di designer desiderosi di cambiamento.

Tutto ciò sarebbe possibile grazie ad un approccio più flessibile e la volontà di andare contro le classiche convenzioni, riuscendo a invertire la rotta ed accontentare tutte le componenti del mercato. Una motivazione che può davvero indurre professionisti e marketers a riflettere sulle realistiche possibilità di provare a dare un taglio a quella cifra di 70 milioni di tonnellate raccontata all’inizio del nostro articolo. 

Il problema numero uno, per Mickelson, rimane il packaging destinato ai prodotti alimentari, che secondo lui è tuttora ancorato alla necessità di rimanere “nei ranghi” della produzione tradizionale di confezioni da poter buttare tra i rifiuti.

 “Il mio più grande ostacolo è stato l’imballaggio per alimenti. Immagina di acquistare qualcosa che è poggiato su uno scaffale raccogliendo polvere e che poi andrai a inserire direttamente in bocca: poco appetitoso, non un’immagine positiva. Ho trascorso così tanto tempo a cercare di eludere questo problema – la mia soluzione più praticabile è rappresentata nel pacchetto del tè Twinings – ma alla fine ho capito che la maggior parte gli alimenti devono essere confezionati in qualche modo”

Naturalmente, come ha affermato lo stesso Mickelson, questo processo prevede nonostante tutto un lungo lavoro di progettazione perché l’imballaggio stesso svolge anche un’importante funzione di protezione e sicurezza. Alcune modifiche, perciò, potrebbero essere necessarie per permettere a queste soluzioni di entrare legittimamente nella catena logistica globale.

Ecco perché potrebbe essere necessario attuare un processo di aggiornamento e rielaborazione delle macchine di produzione per lavorare in sicurezza con i materiali proposti. Per quanto riguarda la fragilità, potrebbe essere necessario invece utilizzare contenitori di spedizione riutilizzabili.

“Questi progetti di design sono concetti. Il mio obiettivo con The Disappearing Package è stato quello di espandere la conversazione sul packaging sostenibile. Spero, alla fine, di aver dimostrato che la sostenibilità può essere utile ma anche bella esteticamente. Lascio, però, che sia il mio pubblico a decidere”.