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immagine di donna con borsa per articolo su Google Shopping

Google Shopping sta diventando il vero grande competitor di Amazon?

Matteo Shots.it

Matteo Mario

Pochi giorni fa è stata diffusa la notizia riguardo al fatto che Google Shopping abbia iniziato un processo di agevolazione, se possiamo chiamarla così, dedicato ai piccoli retailer con lo scopo di aumentare l’offerta dei propri prodotti.

Questo lungo periodo di distanziamento ed incertezza, in ogni caso, ha mosso molto nel mercato del digitale consolidando fortemente il trend dell’e-commerce. Per la più grande compagnia del settore, ovvero Amazon, questo potrebbe però non essere un fattore positivo. Il motivo? La nascita inevitabile di innumerevoli nuove realtà e strategie del commercio web, che potrebbero non tanto soppiantare una compagnia da 840.000 dipendenti e circa 280 miliardi di fatturato annuo (oltre che assoluto top of mind dei consumatori), ma quantomeno “minacciare” la sua leadership totale nel mercato globale.

Tra questi c’è sicuramente Google Shopping, che ha approfittato della situazione dichiarando il proprio desiderio di aiutare i rivenditori più piccoli, a prescindere dal budget investito su Shopping, non nascondendo l’obiettivo finale di provare a contrastare la creatura di Jeff Bezos.

Concretamente, la sezione Shopping di Google ha aggiunto alle listing una parte di prodotti date dalle ricerche organiche dei consumatori, ma senza contare il budget investito per la parte di advertising.

Curiosità: Google Shopping è stato fondato da Craig Graham Nevill-Manningun informatico neozelandese famoso per aver ideato il primo centro di ingegneria remota di Google, situato nel centro di Manhattan, dove fu anche direttore tecnico. Noto anche per aver inventato Froogle, un motore di ricerca di prodotti, è ora responsabile dell’ingegneria informatica presso Sidewalk Labs, organizzazione di innovazione urbana appartenente alla holding a cui fa capo Google, Alphabet.

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Chiaramente, tutto ciò rappresenta una piccola rivoluzione visto il ruolo principale della piattaforma, ovvero quello di fungere da strumento a pagamento che consente di promuovere i prodotti ai consumatori attraverso il suo infinito motore di ricerca.

A differenza di Google Ads, però, nella sezione Shopping ovviamente non esiste la possibilità di inserire delle keyword adeguate per far apparire i propri prodotti nel motore di ricerca, ma è necessario curare i propri contenuti e le parole chiave contenute in immagini, varie descrizioni prodotto o categorie, con lo scopo primario di apparire nelle queries.

Ed è proprio qui che sta il vantaggio di GS rispetto ad Amazon (che rimane comunque una piattaforma differente per esperienza e approccio da parte dell’utente): la possibilità di mostrare ai visitatori i prodotti più rilevanti che possano, di conseguenza, aumentare la brand awareness e veicolarli sulle rispettive pagine dei marchi.

Ma perché Amazon rappresenta una potenziale preda per Google? Innanzitutto, cominciamo con l’affermare che il sito offre ai propri utenti prodotti che provengono dal proprio marchio, ma anche da altri numerosi retailer che decidono di posizionarcisi.

Ovviamente infatti, Amazon è simile a GS anche per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari: anche il primo, infatti, può prevedere investimenti degli inserzionisti ma anche proporre prodotti e contenuti derivanti solo dal traffico organico.

Fin qui tutto chiaro, con i due colossi che presentano elementi in comune ma si sono fino ad ora ritagliati grandi spazi nel mercato, convivendo senza troppi scontri. Il vero cambiamento, però, nasce proprio dalle ultime mosse di Google, il quale ha dichiarato l’obiettivo di proporre soluzioni agili, semplici ed efficaci nel mercato di oggi, in evidente difficoltà e pieno di punti interrogativi ma anche di idee nuove per il futuro.

Una specie di aiuto (o incentivo) per i brand più piccoli, permettendoli di capitalizzare bassi investimenti con un alto livello di visibilità. Dalla sua parte Google, che identifica questa mossa come una strategia prettamente a lungo termine, ha l’intenzione di accaparrarsi grande fette di pubblico attraverso la loro graduale consapevolezza di poter avere più benefici spostando le attività sulla sua piattaforma.

Bassa cifra di investimento, grande visibilità, aumento delle conversioni. Un percorso d’investimento sull’utente e sui suoi prodotti che possiamo tranquillamente definire come “incrementale” e quindi destinato a crescere seguendo l’orizzonte del futuro.

Ecco che il colosso di Mountain View diventa una minaccia per Amazon quando inizia ad investire sul più grande punto debole di Amazon: la bassa varietà di brand proposti al suo interno. Ovviamente, l’assenza di alcuni brand e rivenditori dipende pressoché dalla loro possibilità economica e d’investimento per quanto riguarda il posizionamento su Amazon, e non si tratta di un contributo marginale. 

Ma non solo: come abbiamo anticipato all’inizio dell’articolo, con Google Shopping i brand (soprattutto quelli più piccoli e meno conosciuti) avranno la possibilità di aumentare la propria brand awareness attraverso la pianificazione di bassi investimenti e un’alta percentuale di possibili conversioni. Quanti di voi, almeno una volta, hanno acquistato un prodotto su Amazon senza fare attenzione al brand ma solo al prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato?

Piccole “mancanze” a cui ha voluto aggrapparsi Google Shopping, il quale offre la possibilità di un accesso diretto ai siti di vendita diretta gestiti dai singoli brand, promuovendo il rafforzamento delle rispettive fidelity degli utenti e permettendo ai primi di investire sui contenuti, le categorie e miglioramenti creativi della propria piattaforma: un’azione quotidiana che, se svolta nel modo giusto, non può fare altro che portare più visite sui vari sitiROI sempre più positivi se messi a confronto con gli investimenti.

In più, aggiungici anche un’attenzione ancora più intensa per quanto riguarda gli annunci organici: un mix di strategie che potrebbe rappresentare un vero colpo basso per Amazon nei prossimi mesi e anni, proprio perché sfrutta le sue piccole carenze preparando un’alternativa immediata, scorrevole ma soprattutto accessibile a tutti.