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scritta Black Lives Matter

Black Arts Movement, arte e creatività tra le proteste in Usa

Le proteste in Usa dopo la morte di George Floyd stanno infiammando i media di tutto il mondo. Dopo oltre una settimana di proteste e guerriglie urbane, gli States si trovano ancora una volta a convivere con il problema della discriminazione razziale e molti cittadini, pacificamente e non, sono scesi nelle strade per manifestare la propria disperazione di fronte ad una situazione che attanaglia l’America praticamente dall’inizio della sua storia.

Le manifestazioni sono state accompagnate dal Black Lives Matter, un movimento attivista internazionale, nato all’interno della comunità afroamericana e impegnato nella lotta contro il razzismo, diffuso a livello socio-politico, verso le persone di colore. Oltre alle legittime proteste legate al tema civile, però, il movimento anti-razzista trova le sue radici anche in altre correnti, soprattutto quella artistica: è il caso del Black Arts Movement, una corrente che appartiene al più ampio movimento Black Power, fondato ad Harlem nel 1965 dallo scrittore e attivista Imamu Amiri Baraka.

Ovviamente le due cose non vanno a braccetto ma appartengono ad un malcontento sociale perpetuato nel corso dei decenni, che ha contribuito ad unire lotta politica con arte, e rabbia sociale con espressione artistica. La ribellione avviene principalmente nelle piazze, ma è importante sapere che nei quartieri popolari americani la creatività della comunità nera ha fatto gradualmente nascere una consapevolezza creativa molto influente all’interno dei comitati anti-razzisti.

Non a caso, il Time ha riconosciuto il Black Arts Movement come “il movimento più discusso della storia della letteratura afro-americana, se non addirittura dell’intera letteratura americana”. 

Tra scrittura, design, arte e creatività più in generale, questo movimento culturale ha accompagnato le proteste della comunità afro-americana e ha trasportato la disperazione riguardo ai temi razziali sopra tele, pareti, libri e palchi teatrali, con lo scopo di trasmettere un messaggio “a più volti” nella coscienza collettiva americana.

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Black Lives Matter e Black Arts Movement, un legame che arriva da lontano

Non possiamo dire con certezza che il “BAM” fu il padre dell’attuale Black Lives Matter, ma bisogna ammettere che sia stato uno dei punti di partenza artistici di un’intera coscienza collettiva allargatasi a vista d’occhio nell’arco degli ultimi decenni. Il movimento non fu di lunga durata perché si sviluppò nell’arco di “un solo” decennio, dalla metà degli anni ’60 fino agli anni ‘70, distinguendosi per la grande diffusione di numerosi dibattiti sui cambiamenti nel mondo della letteratura e dell’arte.

Nonostante la sua breve vita, il periodo fu fondamentale per la storia degli Stati Uniti e ciò che vediamo succedere tuttora, perché riuscì a promuovere l’attivismo politico e una maggiore coesione tra le comunità afro-americane grazie al potere dei mass media, attraverso la produzione culturale e il confronto creativo. Tutto questo attualmente sembra scontato, ma in quell’epoca non lo era affatto. 

Tutto ciò fu possibile grazie ad un’unione proficua ed esplosiva tra arte e comunicazione, ma anche lotta politica e creatività: l’affermazione di nuove voci etnicamente distinte da quelle occidentali, infatti, rappresentò un grande mutamento nella realtà statunitense. Gli afro-americani cominciarono ad affermare con forza la loro presenza nella letteratura e in tutto il mondo dell’arte in generale.

Il Black Arts Movement ha delle caratteristiche che, ovviamente, conservano un forte legame con l’ideologia Black Power. Il canone estetico del BAM si rifà ad una visione dell’arte incentrata sulla cultura e sulla vita del popolo nero. Una forte prospettiva che ha contribuito, fin dalla sua nascita, a consolidare la loro solidarietà e creatività.

Attraverso l’uso dei mezzi di comunicazione, questa corrente fu capace di portare l’attenzione sulle differenze culturali all’interno del mondo occidentale. Ciò fece nascere luoghi d’incontro dove i membri delle associazioni potevano condividere le proprie opere e produzione creative, come teatri e centri culturali sparsi in diverse aree dell’America.

Furono proprio i mezzi di divulgazione e comunicazione gli strumenti portanti di una sana propaganda anti-razzista, che ebbe come obiettivo primario quello di dare la voce ad una comunità che fino ad allora non era stata considerata un valido elemento di partecipazione nel mondo della cultura.

Non solo le opere artistiche e letterarie si dimostrarono fondamentali per questo gruppo, ma anche le compagnie teatrali, le letture poetiche, la musica e la danza: il luogo cuore del movimento è sempre stato, infatti, il teatro, dove le figure chiave potevano condividere dibattiti pensieri legati all’emancipazione della propria etnia.

Ecco perché la nascita del Black Arts Repertory Theatre/School (BARTS) per opera di Amir Baraka nel 1965, come abbiamo anticipato nel primo paragrafo, è da identificare come l’evento che ne segnò ufficialmente l’inizio. Da quel giorno, infatti, si evolse gradualmente un nuovo clima di cambiamenti politici e culturali, nel quale gli artisti neri cercavano di impegnarsi esplorando il passato afro-americano attraverso le proprie opere. 

Da lì, nacquero numerosi gruppi con l’obiettivo di distinguersi e gridare la propria identità al mondo. Una delle più importanti fu l’Umbra Workshop, associazione che riuniva autori di colore residenti nell’area sud-est di Manhattan. I maggiori esponenti di questo gruppo furono scrittori come Steve Cannon, Tom Dent, Al Haynes, David Anderson, Calvin C. Hernton, Joe Johnson, Norman Pritchard, Lennox Raphael, Ishmael Reed, Lorenzo Thomas, James Thompson, Askia M. Touré, Brenda Walcott, ma anche il cantautore Archie Shepp.

Umbra pubblicò anche la rivista Umbra Magazine, vero e proprio manifesto letterario ed artistico afro-americano, che ebbe l’obiettivo di fondere un orientamento di stampo politico con uno di matrice autoriale ed artistica.

Oltre a Umbra, importante fu l’Harlem Writers Guild, guidata da John O.Killens e composta da membri storici come Maya Angelou, Jean Carey Bond e Rosa Guy, che produceva testi in prosa e romanzi e poesie, con quest’ultime che raccontavano inni e canti della lotta afro-americana. Lo scioglimento di Umbra, inoltre, provocò la nascita dei Uptown Writers, movimento di poeti che si esibivano con le loro poesie in tutta Harlem accompagnati dai giovani musicisti della cosiddetta New Music.

I due poli principali della corrente furono l’area di California’s Bay, sede del Journal of Black Poetry e del Black Scholar; e la macro-area Chicago-Detroit, dove avevano la propria sede le riviste Negro Digest, Black World and Third World Press, Broadside Press e Naomi Long Madgett’s Lotus Press.

Dalla BAM degli anni ’60 e ’70 alla Black Art nel 2020: tutte le iniziative artistiche in appoggio alle proteste

I fatti attuali hanno riportato alla mente il Black Arts Movement non solo a livello simbolico e nostalgico, ma anche concreto. Sono numerose, infatti, le iniziative culturali ed artistiche preposte ad appoggiare le proteste degli afro-americani (a cui hanno comunque partecipato anche cittadini statunitensi di ogni etnia e cittadini di altri paesi del mondo). Una dinamica che pone le basi per una sorta di nuovo BAM?

Le ultime parole di Floyd “I can’t breathe”, per esempio, sono state stampate su alcuni striscioni fatti volare i cieli di Detroit, Miami, Dallas, Los Angeles e New York per mano dell’artista 36enne Jammie Holmes.

Progetto che è diventato ovviamente virale, come tutto il seguito artistico provocato dalla morte di Floyd, sui social. Stesso effetto lo ha provocato l’artista afro-americano Nikkolas Smith, che ha realizzato un bellissimo ritratto dell’uomo invadendo le bacheche Instagram di tutto il mondo. Parallelamente, numerose altre iniziative creative hanno riempito il web e i comunicati stampa delle maggiori istituzioni del mondo: il MoMa ha rinnovato la sua collezione e le sale della struttura per fare spazio agli artisti della black community ed ha aderito al movimento con le opere di Jacob Lawrence, in particolare la Migration Series, che rappresenta scene di violenza razziale durante e dopo il Primo Conflitto Mondiale.

Anche il Metropolitan Museum e il Guggenheim hanno appoggiato le proteste sui loro profili social con link e stories dedicati proprio al Black Art Movement, mentre il National Museum of African American History and Culture di Washington ha lanciato la piattaforma Talking About Race contenente video e articoli destinati a portare la popolazione ad avviare dibattiti sul tema razziale.

Anche la realtà di Philadelphia è stata coinvolta negli endorsement nei confronti della protesta afro-americana: a Philly è nato infatti l’ Art for Philadelphia Community Bail Fund , che ha messo in vendita a 300 dollari l’una le opere di artisti come Tiona Nekkia McClodden, Alex Da Corte e Jonathan Lyndon Chase, devolvendo i ricavi a favore del Philadelphia Community Bail Fund, raccolta fondi destinata ai più indigenti.

Il Black Art Movement sembra, perciò, essere tornato in scena. Non tanto il movimento in sé, perché non abbiamo evidenze che la corrente sia rinata sotto lo stesso nome, ma lo spirito che la guidava è sicuramente rientrato nei canoni attuali attraverso una sensibilizzazione diffusa a macchia d’olio negli States e in tutto il mondo. 

Già da tempo, però, la scena artistica contemporanea è stata “invasa” da una nuova ondata di arte politica americana, che mette appunto al centro i contenuti legati all’identità nera e alla creatività afro-americana. Si può dire, quindi, che gli avvenimenti di Minneapolis e le proteste al seguito stiano solo contribuendo a far crescere un movimento che già da diversi anni stava prendendo – meritatamente – la scena.

Inevitabile che, di conseguenza, il mercato si stia accorgendo di questi nuovi movimenti e gli artisti afro-americani siano diventati sempre più apprezzati non solo in Usa ma anche in Europa. In questo scenario, numerosi artisti stanno sbarcando il lunario: uno su tutti è Arthur Jafa, le cui opere sono già state acquistate dai principali musei statunitensi.

Altro esempio importante è Nick Cave, artista originario di Chicago famoso a livello internazionale per i suoi Soundsuits, “armature” colorate che uniscono l’arte della scultura, della performance artistica e della moda e hanno l’obiettivo di costringere il pubblico a superare i pregiudizi razziali e di classe.

Più di recente anche Banksy ha voluto dire la sua, postando un’opera dedicata a ciò che sta succedendo negli Stati Uniti. “Sulle prime pensavo di tenere la bocca chiusa e lasciare che fossero i neri a intervenire sulla questione“, ha dichiarato nel testo che accompagna il suo post. “Perché farlo? Non è un loro problema, è il mio. Le persone di colore vengono ignorate dal sistema. Il sistema bianco. Come una tubatura rotta che allaga l’appartamento di sotto. Il sistema rotto rende la loro vita miserabile, ma ripararlo non è compito loro. Non possono, perché nessuno li farà entrare nell’appartamento al piano superiore. È un problema bianco. E se i bianchi non lo riparano, qualcuno verrà al piano di sopra e sfonderà la porta”.

Curiosa è stata anche la reazione dal parte del pubblico riguardo al post pubblicato dal San Francisco Museum of Modern Art, che lo scorso 30 maggio aveva postato un’immagine della serigrafia dell’artista Glenn Ligon We’re Black and Strong (I), (1996). Alcuni utenti, nei commenti solo il post, avevano accusato il museo di non aver menzionato il movimento Black Lives Matter e George Floyd. Per questo motivo, il museo ha disabilitato i commenti e ha pubblicato un secondo post di scuse con il copy “We can do better”. Dimostrazione di un grande coinvolgimento emotivo e culturale che sta, piano piano, prendendo piede sempre con più forza anche in tutto il mondo dei social.

Possiamo dire, insomma, che stia prendendo piede una nuova avanguardia? Nonostante il fenomeno sia già vivo e attivo ormai da una ventina d’anni, infatti, il 2020 si sta comunque rivelando un anno molto importante, sia per le iniziative private che per la portata provocata sui social media. Oggi, infatti, sembra proprio che per la prima volta dalla fine del Black Arts Movement stia rinascendo una nuova alleanza tra black art e vita politica negli Usa, raggiungendo però anche il mercato e diventando parte consistente della rete artistica mainstream. I prossimi mesi, poi, ci potranno raccontare nuovi possibili sviluppi…