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Cos’é la digital reach e perché é importante parlarne

La nuova normalità sarà fatta non solo del dominio del digitale sulla nostra quotidianità, ma soprattutto da un’evoluzione di esso differente da come lo conosciamo.

Nella storia non esiste solo il passaggio step-by-step da analogico a digitale, ma anche tra digital e digital, anche se stiamo parlando della stessa parola e la frase appare fin da subito assurda e irreale. “Tra digital e digital” si intende modi differenti di approccio al mondo del web e del digitale, che non prendono in considerazione la digital innovation come punto di partenza ma come effettivo motore consolidante della ricostruzione. 

Con questo, si può confermare che il concetto di digital reach rappresenti proprio questo passaggio di testimone: il settore del digitale che, consapevole dei propri mezzi e potenzialità, si evolve e crea le condizioni per un nuovo digitale, appunto, step-by-step.

Nella cosiddetta nuova normalità, di cui si parla molto ma ancora non abbiamo una definizione ben chiara se non le previsioni sul mondo digitale, il grado di competitività delle imprese dipenderà molto dalla digital reach: essa consiste nella capacità di gestire servizi digitali in qualsiasi dinamica di settore e soprattutto ovunque il business lo richieda. Una soft skill fondamentale per imprese e compagnie, che dovranno avere l’obiettivo di garantire il digital reach come un’ estensione dell’infrastruttura IT (insieme di componenti della tecnologia dell’informazione, in genere componenti fisici, di rete e software) dalla dimensione core a quella edge, ovvero dal nucleo al bordo, dall’interno verso l’esterno. Tutto ciò, ovviamente, nel miglior modo possibile.

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Digital reach: un nuovo modo di pensare e usare il digitale

Tutte le aziende, quindi, dovranno riuscire a sviluppare la capacità di distribuire rapidamente le risorse IT in prossimità di dove vengono generati i dati. Ecco perché, proprio la nuova normalità, ha tutte le basi per offrire questa possibilità agli utenti: l’opportunità di fornire prodotti e servizi più personalizzati e la generazione della miglior esperienza web possibile, infatti, pongono di fronte agli operatori un enorme potenziale. Un macro-processo che, però, dipende necessariamente dal livello qualitativo della propria infrastruttura IT, che nei prossimi anni dovrà essere oggetto di estensioni, appunto, sempre più di fuori dei data center per arrivare alla dimensione “edge”, o ai cosiddetti margini. I punti periferici in cui prende vita l’innovazione, per intenderci. 

Ma come si traduce tutto questo nella nostra quotidianità? Sicuramente, innanzitutto, questa trasformazione nasce dalla necessità di non circoscrivere le potenzialità del nuovo digitale a determinati settori, ma anche a risorse importanti per la nostra vita.

Ecco che il concetto di digital reach nel corso della “seconda digital innovation” richiede ulteriori riflessioni sul consumo di risorse IT all’interno di nuclei urbani (ne avevamo parlato in questo precedente articolo), ospedali, fabbriche e centri di mobilità.

Il focus dell’attenzione, però, si può spostare anche alla gestione dei device, dei servizi, della distribuzione delle infrastrutture, o ancora l’aumento e miglioramento della velocità aziendale e della comunicazione interna, oltre alla garanzia di una maggiore flessibilità operativa anche in situazioni di grave emergenza (quanto potrà essere importante, tutto questo, in un’emergenza analoga a quella che ci stiamo mettendo alle spalle, per esempio?)

Entro il 2023 si prevede che oltre il 50% delle nuove infrastrutture IT che le imprese andranno a installare riguarderà i siti edge (e quindi i servizi periferici a cui facevamo riferimento) piuttosto che i data center, rispetto a meno del 10% di oggi.

Il “modello Edge” riprende semplicemente l’edge computing, ovvero il modello nel quale l’elaborazione dei dati avviene il più vicino possibile a dove i dati vengono prodotti. Un processo tecnico che sembra complicato, ma non è altro che la possibilità concreta di portare considerevoli vantaggi in termini di latenza di elaborazione, riduzione di traffico dati e maggior resilienza in caso di interruzione nella connessione dati.

Perché tutto ciò è fondamentale e meno complesso di quanto si creda? Perché si tratta di uno dei cuori pulsanti dell’ormai nota Internet delle cose, di cui abbiamo già parlato in articoli precedenti. Elaborando grosse quantità di big data, infatti, l’edge computing può anche essere sfruttato in architetture come quella del 5G per fornire ai dispositivi connessi servizi locali con risposte in tempo reale, difficilmente realizzabili in precedenza.

In poche parole, quindi, questo macro-sistema si traduce nel miglior servizio digitale possibile che noi utenti possiamo utilizzare, e ciò va da una migliore connessione fino ad arrivare ad un’esperienza web completa e mai vissuta prima.

Per chi è interessato a comprendere meglio questo processo, ecco un video in lingua inglese prodotto da IBM (con la possibilità di sottotitoli) che spiega graficamente la sua importanza nel nostro utilizzo quotidiano del digitale: