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Seti@home, il progetto web per cercare vita extraterrestre

Sapevate che esiste un modo per controllare scientificamente la presenza di vita extraterrestre, nato come studio per pochi esperti ma ora evolutosi in esperimento globale? Stiamo parlando di un progetto nato tanti anni fa, con l’obiettivo di svilupparsi ed evolversi nel corso dei decenni grazie al supporto di ogni persona nel mondo: Seti@home.

Questo progetto nasce da Seti, un istituto dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre attraverso la ricezione e analisi di potenziali segnali radio nel cosmo. Il programma si occupa anche di inviare segnali della nostra presenza ad eventuali altre civiltà in grado di captarli (un’espansione chiamata Seti attivo).

Il Seti Institute, proposto nel 1960 dall’astronomo e astrofisico statunitense Frank Drake (che è tuttora uno dei suoi direttori), è nato ufficialmente nel 1974 ed è appunto un’organizzazione scientifica privata, senza scopi di lucro, con la sede centrale ubicata a Mountain View in California.

Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) cerca quindi di rispondere ad una delle domande più famose del mondo: esistono altre forme di vita extraterrestre nello spazio? Nel merito di questo quesito, che è lo scopo della sua nascita ma anche una vera missione che si è protratta nel tempo, questa associazione privata ha di recente iniziato a coinvolgere normali cittadini e studiosi per trovare una risposta. Ed ecco, quindi, Seti@home: un progetto che richiede l’utilizzo di comuni computer per analizzare i dati provenienti dallo spazio.

Una specie di versione “casalinga”, perciò, dedita alla ricerca degli extraterrestri e descritta dalla stessa associazione come un esperimento scientifico che utilizza computer connessi a internet per scovare intelligenza aliena. Come partecipare? Molto semplice: eseguendo un programma gratuito che scarica e analizza i dati raccolti dai professionisti attraverso i potenti radiotelescopi in dotazione all’associazione.

In particolare, Seti@home utilizza l’Allen Telescope Array, dispositivo situato in California e dedicato alla memoria di Paul Allen, cofondatore di Microsoft e sostenitore del programma. Ogni giorno, il telescopio californiano raccoglie migliaia di segnali audio provenienti dallo spazio. Compito dei ricercatori, invece, è quello di studiarli e provare a capire se si tratta di messaggi alieni o rumori naturali prodotti dalla galassia.

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I dati, nella loro totalità, sono memorizzati su nastri da 36 Gigabyte nell’osservatorio di Arecibo a Puerto Rico, ciascuno dei quali contiene 15,5 ore di osservazioni spedite periodicamente alla sede centrale di Berkeley. Una volta lì, questi dati vengono suddivisi in unità di lavoro da 107 secondi, che si sovrappongono nel tempo ma non in frequenza.

Queste unità di lavoro vengono poi inviate dai server di SETI@home tramite internet ai personal computer sparsi nel mondo per essere analizzate. In tutto questo, il telescopio citato sopra non è l’unico ad essere utilizzato dall’istituto Seti: grazie alle indagini di ricerca Breakthrough Initiatives promosse nel 2015, infatti, Seti@Home ha accesso anche ai dati di altri radiotelescopi, come per esempio il potente Green Bank.

“Affinché il segnale salga al di sopra del rumore di fondo, lo si comprime in una banda di bassa frequenza. Questi blocchi di dati o unità di lavoro hanno ancora grandi dimensioni, ma ora non richiedono molto tempo per il download. Anche l’elaborazione è molto più rapida. Ciò che una volta richiedeva una settimana, un computer moderno può farlo in circa un’ora e mezza e il segnale potrebbe essere un tono singolo, lungo come un fischio o apparire in impulsi. Bisogna tenere conto dei movimenti orbitali dei pianeti e delle interferenze da parte di oggetti realizzati sulla Terra, come satelliti e telefoni cellulari”.

Eric Korpela, head of Seti@home

I fondatori del progetto hanno dichiarato, infine, di aver coinvolto nell’esperimento (che non è altro una vera e propria evoluzione democratica dello studio) più di cinque milioni di partecipanti in 226 paesi che hanno messo a disposizione i propri dispositivi per aiutare la ricerca.

 “Negli ultimi anni abbiamo registrato una crescita di iscritti: la maggior parte di essi esegue l’applicazione su un paio di computer o un dispositivo Android. Gli smartphone attuali sono più che in grado di eseguire un programma creato per computer della fine degli anni ’90”

Si, avete capito bene. Da qualche anno, infatti, il progetto supporta anche il calcolo su dispositivi Android (come smartphone e tablet). La poca potenza di calcolo disponibile su questi apparati, allo stesso tempo, viene tamponata dal grande numero di dispositivi esistenti e dal loro basso costo, rispetto ad un computer tradizionale e completo.

Il progetto Seti@home, avviato nel lontano 1999 ma come detto di natura a lungo termine, nel corso degli ultimi anni ha ricevuto grandi minacce soprattutto dal punto di vista della sopravvivenza economica.

Attualmente, infatti, non ci sono fondi governativi per le ricerche di Seti, mentre i fondi privati sono sempre limitati. Il Berkeley Space Science Lab, ovvero l’area operativa del progetto, lavora sostanzialmente con un piccolo budget, ma l’istituto ha comunque ricevuto donazioni che hanno consentito di andare ben oltre la sua durata originaria, senza comunque essere degnamente paragonato ad altri progetti scientifici spaziali. Annualmente, per raccogliere risorse, vengono indette delle raccolte fondi per contribuire al sostentamento dei costi delle attrezzature e delle ricerche.