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Twitter e politica, una storia d’amore finita male: cosa succede ora?

Twitter ha annunciato che, a partire dal mese prossimo, bloccherà tutta la pubblicità politica in tutto il mondo sulla piattaforma. Una decisione che ha creato polemica ma anche appoggio da molte componenti sociali, visto che arriva dopo le crescenti critiche sulla disinformazione trasmessa dalle figure politiche sui social media.

Ecco cosa ha detto a riguardo Jack Dorsey, amministratore delegato di Twitter:

“La pubblicità su internet è molto potente ed efficace, ma comporta significativi rischi politici laddove può essere usata per influenzare voti e influire sulla vita di milioni di persone. Questo non ha nulla a che fare con la libertà di espressione. Ha a che fare con il pagare per raggiungere il pubblico più ampio possibile e ha significative ramificazioni che l’architettura democratica di oggi potrebbe non essere in grado di gestire”

Concretamente, la nuova direzione presa da Twitter (in cui in realtà i dettagli verranno svelati il mese prossimo) vieterà gli annunci su temi politici, così come quelli dei candidati.

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Dopo l’annuncio, il titolo della piattaforma a Wall Street è arrivato a cedere oltre il 2% nelle contrattazioni after hours, ovvero il trading che avviene dopo la chiusura dei mercati finanziari.

Ma cosa potrà cambiare ora che la politica rimarrà, a tutti gli effetti, fuori dalle dinamiche di Twitter?

Twitter e politica: una questione di feeling

Concretamente, l’abbandono di Twitter alle sponsorizzazioni politiche non dovrebbe cambiare molto nella scena social. Oltre alla piattaforma di San Francisco, infatti, esistono ancora altri strumenti per la scelta delle campagne politiche: Facebook e Instagram.

Nonostante questo, però, rimane il fatto che Twitter ha sempre rappresentato (soprattutto negli States) un canale molto importante per raggiungere i bacini d’utenza desiderati.

L’immediatezza e la facilità di utilizzo del social media sono sempre stati il suo cavallo di battaglia, ma il target di utenti che fa utilizzo della piattaforma amministrata da Dorsey è leggermente differente agli altri. Questo vale almeno in Italia, dove il numero di utenti varia a seconda di quale social stiamo parlando.

Secondo le ultime e note ricerche di We Are Social (in collaborazione con Hootsuite), infatti, il social media più utilizzato in Italia rimane YouTube (87%), con Whatsapp e Facebook che lo seguono a ruota (rispettivamente 84% e 81%).

Rispetto allo scorso anno, però, anche Twitter, LinkedIn, Pinterest e Snapchat hanno registrato un aumento nel loro uso, passando rispettivamente dal 23% al 32% Twitter, dal 18% al 29% LinkedIn, dal 15% al 24% Pinterest, e dal 9% al 12% Snapchat.

Ma restiamo nel recinto di Twitter: il social media viene nettamente superato da Facebook nel suo utilizzo italiano (le due piattaforme sono le “top of mind” per quanto riguarda post o campagne a tema politico) con una percentuale di distacco che va oltre il 50%.

In totale, stando alle statistiche del report di We Are Social Digital 2019, gli utenti attivi in Italia su ciascuna piattaforma risultano essere:

Questi dati potrebbero portare le figure politiche più attive sui social a spostare la propria attenzione (e le proprie risorse) su Facebook, tenendo Twitter come “profilo cuscinetto” con il semplice scopo di mantenere solida la propria presenza online.

Detto questo, è ancora poco chiaro cosa davvero sarà bloccato da parte della piattaforma di San Francisco. Sarà la totalità dei post a tema politico (con un conseguente disastro per chi gestisce profili politici) o semplicemente le campagne sponsorizzate a tema politico dei candidati durante le varie fasi di campagna elettorale?

Twitter, ad oggi, ha parlato solo di “pubblicità politica” ma non è ancora chiaro quali saranno i limiti e se, soprattutto, ce ne saranno. La sensazione è, però, che saranno solo i post a pagamento gli obiettivi principali di questa piccola caccia alle streghe.

Resta il fatto che la decisione di Dorsey rimane, sicuramente e aldilà degli aspetti puramente economici, una decisione di buon senso: è fondamentale oggi riuscire a distinguere un post veritiero da una fake news, ma allo stesso tempo molto complicato per chi non ha sguardo totale e consapevole sulla rete di informazioni che si è creata fino ad oggi nel mondo dei social.

Il CEO di Twitter, così (a differenza di alcuni suoi colleghi) è corso ai ripari ponendo le basi (forse) per un nuovo e più veritiero inizio.