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Gli influencer digitali sono il futuro di marketing e social media?

Il futuro di Instagram potrebbe essere la figura dell’ influencer digitale. Ma cos’è, sostanzialmente, un influencer digitale?

Su Instagram, la tecnologia sembra aver preso il sopravvento sull’imperfezione umana. La tendenza vede infatti come protagoniste di campagne pubblicitarie online ma anche su riviste patinate, modelle virtuali, ovvero create digitalmente.

In questo momento, le influencer digitali più note sono Lil Miquela e Shudu. La prima ha oltre 1 milione e mezzo di follower, la seconda quasi 190 mila. Entrambe sono state create, appunto, artificialmente: Shudu riempie i feed di Instagram ed è stata creata dall’ex-fotografo Cameron-James Williams che ha deciso di abbandonare l’arte della macchina e imparare il disegno 3D.

Miquela, invece, è stata creata dalla startup di Los Angeles Brud: il fenomeno è iniziato quando la “modella” è apparsa nella pubblicità di Calvin Klein al fianco di Bella Hadid.

Influencer digitali: storie di finte modelle

Ma le influencer digitali sono davvero il futuro del marketing e dell’advertising? I numeri dicono che, almeno nel mese di gennaio, i creatori di Lil Miquela hanno chiuso per esempio un investimento di 125 milioni di dollari.

Per ora, queste “finte modelle” sono destinate a rimanere tali e a non sostituire quelle reali, le quali coprono un orizzonte troppo ampio di mercato.

Queste influencer digitali sono figure fisicamente perfette e costituite da pixel. Pixel che si affiancano, invece, a donne che sono state a lungo sottoposte a pressioni per diventare fisicamente perfette.

Per questo motivo, forse, esiste il rischio che la labile differenza tra perfezione e imperfezione fisica si riduca sempre di più, lasciando gli utenti ad emulare maggiormente le figure robot. Un rischio, sì, ma non un futuro certo.

Un altra complicanza da prendere in considerazione, oltre all’aspetto psicologico accennato sopra e legato alla perfezione fisica delle modelle digitali, è rappresentata proprio dall’aspetto etico della propaganda e della pubblicità.

O almeno nel loro utilizzo, visto che il potenziale di questa tecnologia potrebbe rilevarsi un mezzo destinato a scopi sbagliati. La tecnologia, più che il personaggio, potrebbe essere utilizzata infatti in altri settori come la politica, la televisione o i media in generale.

“Now, consider what could occur if a computer-generated individual was modeled after a real person in society, particularly, a person with influence, such as a political figure or celebrity. They could be replicated as a highly realistic avatar and manipulated through media. Furthermore, by using additional artificial intelligence vocal reconstruction technologies, these individuals could be shown speaking words that they have never said”.

Jaden Yocom e Salvador Acevedo, The Globe Post

“The danger of this sort of propaganda generation is monumental. Fake news, photoshopped images, and falsified or manipulated statistics already dominate mainstream media. Soon, so will these computer-generated replicants of real people, unless proper measures are taken for prevention”.

Secondo alcuni studi, il futuro degli influencer è però identificabile con influencer digitali potenziati dall’intelligenza artificiale. Il prossimo progetto della startup statunitense Betaworks, per esempio, si concentrerà su ciò che il suo direttore generale Danika Laszuk chiama “media sintetici”: ovvero una combinazione di immagini generate al computer e funzionalità Artificial Intelligence.

L’A.I. al centro della scena

La società prevede di realizzare una serie di investimenti da 200.000 dollari in 10 startup che desiderano creare una tecnologia in grado di generare i migliori influencer digitali. Un giorno, questi dvorebbero interagire tra le varie piattaforme e saranno quindi degli avatar senzienti che ballano tra YouTube, TikTok, Instagram e gli altri social media, usando l’apprendimento automatico per parlare ed evolvere.

Juniper Research stima che l’industria della moda mondiale investirà quest’anno 3,6 miliardi di dollari in tecnologia di intelligenza artificiale.

Un altro esempio concreto è quello di Balmain, che ha commissionato al creatore di Shudu altre due “icone digitali” per la campagna di una delle ultime collezioni di Olivier Rousteing.

“Anyone and everyone is always welcome to join Balmain Army’s growing ranks — they need only share our bold spirit of adventure as our new virtual icons, Margot, Shudu and Zhi who mirror the beauty, the rock style and the confident power”.

Balmain, Olivier Rousteing’s 2018 collection

Ma non esistono solo le influencer digitali: vi avevamo già parlato, infatti, di un vero e proprio anchorman digitale creato dall’emittente cinese Xinhua News, il quale ha già condotto un’edizione del notiziario ed è parte attiva (si fa per dire) della redazione.

Anche la catena di fast food KFC ha fatto recentemente il suo ingresso nel mondo degli influencer digitali, con il suo KFC’s Colonel Sanders, testimonial ispirato al famoso imprenditore e fondatore del marchio.

Influencer marketing, comunicazione, digital marketing: quale sarà il rapporto con l’A.I.?

I problemi etici della scelta degli influencer digitali sono diversi e numerosi, ma allo stesso tempo potrebbero essere dei veri e propri falsi allarmi di fronte ad un mercato troppo forte e abituato al presente.

Lo stesso influencer marketing, per esempio, sta sempre più mostrando i suoi frutti quando al centro della campagna esiste un principio di autenticità e realismo, come testimoniano i crescenti dati relativi al valore dei micro-influencer.

Tuttavia, come dimostrano allo stesso tempo le interazioni degli utenti sul profilo Instagram di Lil Miquela, gli stati d’animo raccontati e mostrati all’interno del suo feed ricevono reazioni seriose e coinvolte nei suoi confronti. Le persone, infatti, tendono a rispondere con empatia e comprensione, come se Lil Miquela fosse una persona reale.

Nella campagna Bailman, invece, molti utenti hanno reagito all’utilizzo delle figure robotizzate con diffidenza e perplessità. Gli stati d’animo più condivisi dai follower, per esempio, sono stati #realmodels, #real people, please.”

Benefici e carenze degli influencer digitali

Ma quali benefici può avere la scelta di usare un influencer robotizzato, e cosa invece ci potrebbe far lasciare per strada?

Sicuramente uno dei vantaggi più grandi è l’abbattimento dei costi, come racconta l’esperienza dell’anchorman cinese. L’emittente, con l’integrazione del conduttore artificiale, può “permettersi” per esempio di abbattere i costi delle risorse umane durante il tg della notte, avendo un robot che può coprire 24h di notizie.

Allo stesso tempo, nel campo del branding e della web communication, un influencer virtuale può non correre il rischio di ledere l’immagine e i valori di un brand, come può invece fare un influencer vero (il quale, per definizione, è un essere umano che può commettere errori).

Anche in questo caso, poi, vi è un potenziale abbattimento dei costi: i compensi di modelle/i e super influencer non saranno mai paragonabili alle spese condotte per far posare una figura controllata dall’intelligenza artificiale.

Un virtual influencer è incredibilmente raro e inconsueto, e potrebbe sicuramente creare attenzione intorno ad un brand nell’immediato. Oltre a questo, potrebbe essere un potenziale “connettore” per un determinato segmento di pubblico (magari la Gen-Z) che un brand vorrebbe raggiungere ma non ha ancora trovato le giuste soluzioni creative per farlo.

Dall’altra parte, di fronte a questi vantaggi economici e creativi, sicuramente lo svantaggio più grande è che un influencer virtuale non sarà mai come un essere umano. Nonostante il grande tentativo di rendere le sue emozioni e i suoi comportamenti sempre più simili a quelli umani, la comprensione di un comportamento reale non potrà mai competere con quella di un comportamento artificiale. Il confine è troppo marcato, almeno per ora.

Opinioni e dinamiche discordanti, perciò, di fronte a vantaggi economici e significativi (dal punto di vista dei brand) che paiono più numerosi degli svantaggi sociali.

Una questione che, sicuramente, verrà discussa sempre di più in futuro e che è destinata ad accompagnare il più ampio e complesso campo dell’intelligenza artificiale.